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Cuore leggero, nella tempesta

“La fine! La fine! La fine è qui vicina”.

“Non c’è tempo, non c’è modo, non v’è nulla da fare!”

“Speranza? Quale speranza? Solo disperazione!”

Cattiveria e arroganza, tronfia e luminosa, guardava la sua vittima pensare, tranquilla.

Tutto il Creato ha ormai deciso che non c’è, una via di fuga. Muta, la cortesia. Grida, urla, strepita e giudica ogni minuto. Quale perdono quale scopo? Qui tutto è bruciato.

Nell’ora nefasta e nella strada senza uscita, arrivò quel cuore sovra pensiero, un po’ buono e po’ lontano. Nella sua testa, dimensione strana, non c’era spazio per la bruttezza. Tutto era quiete, equilibrio armonico e dolce era il pensare, sebbene il mare fosse mosso e la ciurma pronta a provocare.

Ma lì nel mezzo, piccolo cuore, dolce e buono, c’era il sole e il cielo sereno. Si presagiva il male lontano.

“Che paradosso”

“Che atrocità”

“Sarà finta”

“Sarà stupidità”

Ma non era nulla di tutto ciò, era una stella, una scintilla, di autentica bontà.

Un cuore puro, un cuore immenso, nel centro delle asperità.

E del giudizio non c’è bisogno, della tristezza nè della pena, della critica aggressiva e della arroganza, sola, iena.

C’era una dolce compassione, in quel cuore malandato. Malinconia ma dolce e un suono, che di dolcezza era formato. E se mettessimo in attesa tutta la cattiveria attesa, e in silenzio, senza parlare, provassimo ad amare.

Ma non l’amore quello rosso, burrascoso e un po’ percosso. Quello timido e ritroso che si addormenta e poi rallenta. Un passo indietro lui sa fare, lui ci prova a disinnescare, che non ne vale poi la pena, di una vita a primeggiare. Ma dal fondo si vede meglio, si ascolta tutto e con ingegno, si può riuscire anche nell’ombra a costruire un po’ di gioia.